Parlano i Romani

Parlano i Romani

Prima un piede, poi l’altro.

Sempre avanti.

Marciamo.

Il capo chino sotto il peso dell’elmo, guardo le mie caligae consunte farsi strada tra polvere, fango, erba.

Sempre avanti.

La cinghia dello scudo grava sulla spalla sinistra, il peso della sarcina e del pilum su quella destra.

A volte, nell’oscurità della notte si perde ogni punto di riferimento, e la schiena del compagno che ti è davanti è l’unica cosa che vedi, l’unica cosa che esiste.

L’unica cosa che conta, e che sai, devi seguire.

Prima un piede, poi l’altro.

Sempre avanti.

Ero di guardia quando la pattuglia di ricognizione rientrò al castrum.

“Hanno catturato una staffetta di Asdrubale!”

La voce subito si sparse. Eravamo eccitati. Titubanti. Spaventati.
Il console Nerone, mi hanno detto, uscì poco dopo armato di tutto punto dalla tenda pretoria.

Lo sguardo grave esprimeva tutta quella ferrea ed inamovibile volontà per la quale ognuno di noi lo ammira e lo teme al tempo stesso.

Diede l’ordine, e presto tutti nel castrum seppero che bisognava mettersi in marcia.

Solo pochi rimasero, per trarre in inganno Annibale, e per essere ancor più sicuri che il Cartaginese, parimenti maestro d’inganni, non ci inseguisse e ci credesse lì a presidiare il Sannio, partimmo a notte fonda.

E da allora marciamo.

Sempre e solo di notte, per non incorrere negli sguardi indiscreti di chi potrebbe essere spia al soldo del Punico, ed affinché la frescura della notte possa rendere più sopportabile questa immane fatica.

Prima un piede, poi l’altro.

Sempre avanti.

Il console Salinatore ci attende, ed insieme a lui daremo battaglia, non importa quanto saremo stremati.

Le forze non ci verranno meno fino a che non scaglieremo i nostri pila e non affonderemo i nostri gladi nel ventre dei Barbari.

Se chiudo gli occhi, solo per un attimo, vedo lo sguardo implacabile del console Nerone che si specchia nel mio, e la spossatezza del corpo diviene soffusa e lontana.

La sua volontà incrollabile sostiene quella di ognuno di noi, ed è lo spirito di Marte Gradivo che muove le nostre membra e il suo pensiero, un passo dopo l’altro, miglio dopo miglio.

La forza di quel sogno ineffabile che è Roma scorre forte, dentro e intorno a noi, nel flusso della nostra marcia inarrestabile, e non ci fermeremo finché Asdrubale non sarà annientato e le speranze di Annibale infrante.

Perché Roma non può sopportare un’altra Canne, perché i due Barcidi non devono ad ogni costo congiungersi, perché a separare l’Urbe dalla furia omicida dei Barbari vi siamo solo noi.

Le mura marcianti di Roma.